Santa Lucia e Marino, tra storia, fede e arte.
La Santa siracusana, che si festeggia il 13 dicembre, è la patrona di Marino, adottata a protettrice della comunità nel XIII secolo, quattro secoli prima del più recente santo patrono Barnaba reclamato tale nel corso di un’assemblea pubblica nel 1618. Ovviamente entrambe le due figure di santi tutelari, per la loro caratura e per la fede in loro riposta di potenti intercessori di grazie, hanno lasciato cospicue tracce in termini di opere d’arte, architettoniche e perfino nelle tradizioni popolari di Marino. Ma qui è della memoria di santa Lucia (Siracusa 283-304) e del suo rapporto con i marinesi che dobbiamo parlare in particolare. In epoca medievale il castello di Marino disponeva di due rioni: il primo in ordine di tempo fu quello omonimo, che si stringeva nella parte mediana della collina intorno alla chiesa di San Giovanni, precedente all’anno Mille e situato forse in continuità sull’area dove sorse l’oppidum di epoca romana; il secondo altrettanto omonimo faceva capo alla chiesa di Santa Lucia eretta come il circostante borgo sulla sommità del crinale collinare nel luogo detto la Rocca. L’espansione urbana verso sud del nuovo castello e l’erezione della chiesa dedicata a santa Lucia si deve alla successione feudale dai Conti di Tuscolo ai Frangipane. Infatti nel 1090 Agapito conte di Tuscolo avrebbe dato in dote il possedimento di Marino a sua figlia unita in matrimonio a Odone Frangipane, ovvero usurpato con la forza all’abbazia di Grottaferrata, più o meno intorno al 1100. Il nuovo castello con le fortificazioni di mura estese fino alla valle Ferentina e con una torre di guardia a monte (Torre d’Ammonte) del tratto viario, che da Roma andava in direzione del Lazio meridionale verso Napoli, rappresentava un interessante presidio per il controllo di rotte commerciali e militari. Dunque nel corso del secolo XIII si espanse l’insediamento urbano all’interno della cinta muraria, di cui la chiesa di Santa Lucia rappresentava il fulcro. La scelta della santa patrona del castello di Marino è dunque strettamente legata ai Frangipane, la cui famiglia a Roma si era ricavata un suo spazio difensivo tra le rovine del Septizonium un imponente edificio di epoca severiana, detto volgarmente Settisolio, posto tra Celio e Palatino fino al Circo Massimo. In questo fortilizio c’era una chiesa dedicata a Santa Lucia e qui Giacoma detta appunto dei Settesoli, di origine franco normanna, ma vedova di Graziano Frangipane e dunque signora di questo maniero, nonché di Marino e di altri castelli nella Campagna Romana, ospitò Francesco d’Assisi nella torre della Moletta e successivamente nella chiesa di San Francesco a Ripa tra il 1209 e il 1223. Stabilita la santa patrona titolare della chiesa di Marino, questa fu costruita intorno al 1100 sopra a un più antico luogo di culto, risalente all’incirca al VI secolo, adattato a una cisterna per la raccolta dell’acqua di epoca romana. Nel 1253, alla morte di Giovanni Frangipane, figlio di Giacoma, il castello di Marino passò agli Orsini dopo varie vicende giudiziarie e militari. I nuovi feudatari provvidero col tempo ad ampliare la chiesa di Santa Lucia, alzando la volta con archi a cuspide e prolungando la navata centrale in direzione sud, dotandola di un nuovo catino absidale, di altari sulle due navate laterali e soprattutto abbellendola con un ciclo di affreschi dell’epoca di Pietro Cavallini. Pure nella chiesa sono state trovate tracce di mosaici cosmateschi, che sono fra i più pregiati del medioevo e sotto il pavimento posizionate sepolture di importanti personaggi in armi, i cui resti sono oggi visibili nel museo civico che attualmente occupa questa bella chiesa medievale di Marino, la quale fu sconsacrata nel 1636 e spogliata di tutte le opere d’arte a vantaggio della nuova collegiata di San Barnaba. Al periodo dei Frangipane e di Giacoma dei Settesoli si riferisce una leggenda posteriore circa la visita fatta da san Bonaventura, vescovo di Albano, alla chiesa di Santa Lucia e alla fondazione qui avvenuta della prima confraternita d’Italia, quella del Gonfalone. Altrettanto forte è stata la devozione dei marinesi per la Santa, che protegge la vista, e per secoli il 13 dicembre si è tenuta nel castello, poi città di Marino, una fiera popolare con compratori e venditori di bestiame, di attrezzi rurali e di piante da frutto fra le più importanti della regione, dedicandole, almeno nel medioevo il giorno festivo più importante del paese. Per l’importanza della chiesa, sono intitolati a santa Lucia il rione edificato tutto intorno e la strada medievale di collegamento tra questo e l’altro rione medievale detto di San Giovanni, o Castelletto.
Di questo ininterrotto culto popolare è testimone una statua scolpita nel legno del XVII secolo a grandezza naturale e dorata, conservata nella chiesa di San Barnaba e che si espone in modo solenne nel giorno festivo.
La figura ha un’impostazione decisamente classicheggiante, propria della statuaria barocca, fin nei particolari: la capigliatura, la fascia che stringe la tunica sopra i fianchi, un voluminoso mantello molto drappeggiato. La Vergine siracusana è qui rappresentata secondo l’iconografia devozionale popolare, ripetendo in sostanza le forme dell’altra statua posta all’esterno in una delle due nicchie della facciata. La Santa volge lo sguardo alla sua sinistra, in corrispondenza della gamba protesa in avanti. In perfetto equilibrio, nella mano destra abbassata regge la palma del martirio, mentre con la sinistra alza la patera con gli occhi cavati durante i supplizi ordinati dal prefetto Pascasio. Nella Divina Commedia santa Lucia è simbolo della grazia illuminante. Per i credenti è la Santa che protegge e dona la vista, non solo quella materiale, ma anche spirituale. Lucia è colei che dona la luce, che illumina il cammino dell’umanità nella comprensione del Vangelo e nella fede in Cristo.
Ugo Onorati